Il primo contatto con il cliente è di importanza fondamentale. Quando qualcuno mi contatta, cerco sempre di capire se quella prima e-mail o telefonata si trasformerà in lavoro oppure no.
A volte, infatti, capisci fin da subito l’antifona e sai già che ogni minuto passato al telefono, a scrivere e-mail di risposta o, peggio, a fare un preventivo dettagliato, sarà un minuto perso. È il caso di queste due persone che mi hanno contattata a distanza di qualche mese l’una dall’altra.
Primo contatto numero 1: l’inutile messaggio su WhatsApp
Ore 22.45 circa di una sera qualsiasi.
Mi arriva un messaggio su WhatsApp con scritto: «Avrei bisogno di info sul tuo servizio».
Ora, a parte un messaggio alle 22.45 senza un saluto né una presentazione (mi chiamo Tizio/a) e dove mi si dà del tu senza conoscermi… questo messaggio ha anche dei difetti!
A parte gli scherzi, mi sono guardata bene dal rispondere subito: freelance non significa disponibile giorno e notte. Gli (o le? Boh. Non so il nome e sulla foto profilo c’è un cane) rispondo molto educatamente la mattina dopo, anche se avrei voglia di non farlo: «Buongiorno, di quale servizio avrebbe bisogno? Nel mio sito può vederne diversi».
Legge subito, ma mi risponde il pomeriggio: «Correggi articoli?». Male, molto male – penso – io ti ho salutato e dato del lei ma tu continui a non salutare e a darmi del tu: «Certamente. Avrei bisogno, però, di saperne qualcosa di più».
Ma più sentito/a.
Ovviamente non ho la minima intenzione di ricercarlo/a, che se è sparito/a prima ancora di dirmi cosa voleva, figuriamoci quando arriverà il momento di pagare!
Primo contatto numero 2: il cliente che pensa che tu lavori gratis o quasi
Qualche mese fa: telefona un signore molto gentile che mi spiega di aver scritto un libro sulla sua esperienza in carcere e di volerlo pubblicare. Parla con un accento (ovviamente non posso dire quale) molto molto stretto e capisco un terzo di quello che mi dice. Gli chiedo di mandarmi il testo per e-mail per fargli un preventivo e lui me lo manda su WhatsApp.
Una tragedia: è la somma di screenshot di alcuni suoi post e scritti in Word. Mi racconta di non avere il pc, quindi ha fatto trasformare tutto in file Word, ma vanno eliminate tutte le parti con i dati del telefono (wi-fi, batteria, data…), ci sono infiniti caratteri e formattazioni diverse, interlinee e a capo casuali, refusi ed errori grammaticali a non finire… Mi spiega però che non ha soldi perché è un pensionato, quindi può pagarmi poco e un po’ per volta. Il lavoro però è urgente perché deve uscire prima di ottobre, che poi per Natale ne ha in cantiere un altro.
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Capisco subito che, probabilmente, qualunque cifra gli proporrò sarà comunque troppo alta e che sarebbe un rischio proporre pagamenti troppo rateizzati. Il lavoro però è davvero enorme e richiederà un sacco di tempo. Non posso certo lavorare gratis. Decido allora di fargli un preventivo solo leggermente più basso di quello che dovrei, ma davvero di poco, e rateizzo il pagamento in due volte: 50% subito e 50% alla consegna. Indovina? Quella che gli ho chiesto è una cifra spropositata e poi i pagamenti sono troppo vicini, non ce la fa. Non ne abbiamo fatto di niente.
Cosa ho imparato da queste esperienze
Qualunque cosa, anche la più insignificante, può insegnarci. Io da queste vicende ho imparato principalmente 2 cose:
- se la persona che ti contatta è maleducata, non saluta, non si presenta e non spiega esattamente cosa vuole, sicuramente non ha intenzione di concludere nulla. Meglio troncare subito e smettere di perdere tempo;
- se invece rimane troppo sul vago o, al contrario, ha troppe pretese senza nessuna intenzione di dare in cambio una contropartita adeguata, non è il caso di insistere.
In conclusione, se hai intenzione di rivolgerti a me per dei servizi, oltre a dare un’occhiata al sito e al mio profilo LinkedIn, ricordati che il mio è un lavoro, di conseguenza si paga ma, soprattutto, non dimenticarti l’educazione e il rispetto.
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